“Ogni città è una Gerusalemme”. La scelta del “riconoscersi” fratelli

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La X edizione del Film Festival Popoli e Religioni reca come sottotitolo l’affermazione “Ogni città è una Gerusalemme” e si inaugura con un convegno dal tema: “ Città, identità e riconoscimenti”. Che legame c’è tra i due? Come si evince immediatamente, il trait d’union è nel richiamo alla “città”.

Il convegno intende sviluppare alcune significative implicazioni del sottotitolo del festival: a partire dal valore simbolico che, credo, tutti attribuiamo alla città di Gerusalemme che appare, per la sua stessa storia civile, politica e religiosa, un “mistero” di luce ma anche di iniquità, il convegno invita a considerarne la sua analogia, nell’oggi della storia del mondo, con le forme di convivenza umana in altre aree geografiche del mondo. Ogni città è una Gerusalemme, potremmo dire, per le emergenti sfide all’ incontro o al conflitto tra i popoli.

In questa ottica, ci sembra di individuare come nota comune di ogni agglomerato la dimensione multietnica, multiculturale e multireligiosa: non c’è città o quartiere o villaggio o scuola o ospedale o supermercato o autobus o strada che non ne sia una chiara dimostrazione. Ogni città, perciò, è una Gerusalemme perché Gerusalemme da sempre si è distinta per la sua poliedricità. Realtà, questa, non facile da vivere ieri come oggi, perchè suscita reazioni diverse, in una infinita e drammatica gamma di opzioni: rifiuto, violenza, indifferenza, tolleranza, rispetto, accoglienza, condivisione,amore.

Il festival, attraverso il veicolo del cinema ( ma non solo) vuole proporre storie che raccontino le diverse modalità di queste reazioni nella vita sociale, familiare, personale in riferimento alla integrazione civile e al dialogo interreligioso. Nel convegno, poi, grazie ai contributi di carattere teologico, sociologico, economico, filosofico, politico dei relatori, si porrà particolare attenzione sul valore delle “identità” e dei “riconoscimenti”.

E’ chiaro che i due termini sono uniti in un nesso dialettico in cui l’uno rimanda all’altro,nel senso che le identità per esistere e affermarsi hanno bisogno di essere riconosciute in quanto tali. Una società senza i riconoscimenti delle identità è anonima, spenta anzi morta. Sono le differenze con le loro vocazioni e creatività, i loro molteplici ruoli, le loro originali attese e speranze e le tante storie, che ne fanno una realtà viva, dinamica, bella.

Il recentissimo e interessantissimo libro di Piero Boitani Riconoscere è un dio. Scene e temi del riconoscimento nella letteratura (Einaudi), analizza nelle principali opere della letteratura universale ( dalle tragedie greche alla Genesi e ai Vangeli e alla letteratura contemporanea) il significato rivelativo e salvifico dei “riconoscimenti” e in particolare richiama uno dei temi sempre attuali della Poetica di Aristotele. Aristotele afferma che “il riconoscimento (anagnorisis) è un mutamento da ignoranza a conoscenza, che conduce ad amicizia oppure all’ostilità”.

La definizione centra il fulcro del nostro Film Festival Popoli e Religioni , che è nato per offrire un luogo particolare, nei linguaggi cinematografici delle diverse aree del mondo, per i reciproci “riconoscimenti”, cioè per favorire la conoscenza delle diverse visioni del mondo, delle diverse fedi e tradizioni e delle molteplici strade del cammino umano. E dalla conoscenza promuovere la nascita di atteggiamenti di stima e amicizia tra i popoli.

Il Festival dieci anni fa è nato per questo e cerca di mantenersi fedele al suo intento iniziale poiché ci appare l’unica via di pace nella storia del mondo. “Riconoscere è un dio”, il bel titolo del libro di Boitani, i promotori del Film Festival lo interpretano come un riconoscimento della spiritualità dell’atto del riconoscimento, che non “da carne o da sangue ci è rivelato, ma dallo Spirito di Dio presente in ogni coscienza”, così come insegna la Bibbia.

Le religioni, se autenticamente vissute, sono la scuola buona per imparare a riconoscersi uomini e fratelli.

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